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Il suo nome era Veronica Franco.
E lei non era come le altre.
Nata nel 1546 da una famiglia di modeste condizioni, Veronica fu preparata fin da piccola per un percorso di carriera ben preciso: non la semplice prostituzione, ma cortigiana onesta — la "cortigiana onesta". A Venezia, queste donne appartenevano a una classe sociale completamente diversa: belle, colte, colte, esperte di poesia, musica, politica e persino filosofia. Non erano ragazze di strada: erano armi di seduzione altamente addestrate per l'élite intellettuale e politica.
Veronica Franco viveva qui, a San Polo, nel cuore del teatro sociale veneziano. Dalle sue stanze intratteneva senatori, ambasciatori, reali stranieri, poeti e cardinali. Il suo corpo era solo una parte della transazione; la sua vera valuta era la conversazione, l'arguzia e il potere.
Uno dei suoi mecenati più famosi?
Re Enrico III di Francia, che visitò Venezia nel 1574 durante il suo viaggio in Italia. Secondo molteplici resoconti (inclusi i suoi accenni poetici), Enrico III richiese una serata privata con Veronica. Lei non si limitò a intrattenerlo, ma si assicurò che ogni famiglia nobile di Venezia sapesse che lo aveva intrattenuto. Era un branding ben prima di Instagram.
Ma Veronica Franco non era semplicemente una seduttrice. Era un'autrice pubblicata, una rarità per le donne del XVI secolo. La sua prima raccolta, Terze Rime (1575), includeva poesie d'amore, riflessioni filosofiche e commenti appena velati sulla società veneziana. Le sue lettere rivelano quanto profondamente comprendesse i giochi politici degli uomini con cui aveva a letto.
Entrava e usciva dallo scandalo come una ballerina sulla seta:
- Lei è sopravvissuta alla 1575 scoppio della peste, che uccise quasi un terzo di Venezia.
- Dibatteva pubblicamente con gli studiosi maschi e spesso li umiliava con la sua lingua tagliente.
- Divenne una delle poche cortigiane che osarono rivolgersi apertamente al Senato veneziano quando venivano accusate ingiustamente.
Quell'accusa la distrusse quasi completamente. Nel 1580, Veronica Franco fu trascinata nell'Inquisizione con l'accusa di stregoneria, un'accusa che spesso perseguitava donne potenti che si rifiutavano di sottomettersi. Nelle stanze buie del Sant'Uffizio, fu processata, mentre i suoi ex clienti scomparivano opportunamente nel silenzio.
Ma a differenza di molte donne prima di lei, Veronica sopravvisse. Grazie all'intervento di amici potenti (alcuni dei quali probabilmente erano stati a trovarla), fu assolta. Perse la sua fortuna, ma non la sua dignità.
Verso la fine degli anni Ottanta del Cinquecento, il suo regno era finito. Cadde in povertà e morì nel 1591. Eppure la sua leggenda rimase, sussurrata nei palazzi e nei salotti veneziani molto tempo dopo la sua morte.
Oggi, nessuna targa commemora la sua casa. Nessuna guida si ferma in Campo San Polo per raccontarle la storia. Ma se percorrete i suoi sentieri di pietra dopo il tramonto, potreste immaginarla in piedi a una finestra alta, stagliata contro la luce tremolante delle candele: la donna più pericolosa di Venezia, che offre non solo il suo corpo, ma qualcosa di molto più seducente: la sua influenza.
Perché nella Venezia della Cortigiana il sesso non è mai stato solo una questione di piacere.
Si trattava di potere.