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Stai zitto. Questa non è arte. È porno. Solo stampato su vetro invece che sul tuo maledetto schermo.
Parigi, 1890. Le strade puzzano di piscio e profumo scadente. Da qualche parte sopra una panetteria, in una stanza con le finestre rotte e topi più grossi dei tuoi peccati, una ragazza si spoglia per la macchina fotografica.



Non è una modella. È una cameriera. Una prostituta. Forse solo una povera ragazza che ha detto di sì per una bevanda calda e due franchi.
E sta congelando.
Perché il bastardo dietro la telecamera ha bisogno venti minuti di quieteEcco cosa serviva allora: una lunga esposizione, come un lento rituale.

E lei è lì, con una mano tra le cosce, l'altra che stringe lo schienale di una sedia rotta, i capezzoli come segni di punteggiatura.
Non sorride. Non è per divertimento.
Queste foto? Non erano chiuse nei musei. Erano cartoline. Sì. Potevi spedirle. "Saluti da Montmartre: ecco una bionda con le gambe aperte".
Per eludere la legge, li vendevano sotto l'etichetta “studi anatomici”. Per i dottori, ovviamente. Sì, certo.
Il postino era probabilmente l'uomo più eccitato d'Europa.

I ricchi avevano album porno rilegati in pelle.
Oggetti da collezione. Biblioteche fetish.
Non si masturbavano sui corpi, si masturbavano sui pose.
"Ginocchia divaricate." "Schiena inarcata." "Ragazza con candela tra i seni."
Alcuni uomini ne avevano centinaia.
I primi fratelli NFT, che scambiavano carne su cartone.



Ah, e il porno 3D?
Anche loro avevano quello.
Piccoli visori stereoscopici: inserisci la scheda, guardi attraverso la lente e voilà, una donna nuda appare come se fosse nella stanza con te.
1900.
Ed è più vivace della tua ragazza il mercoledì sera.



A volte sparavano alle ragazze dopo la loro morte.
Non è uno scherzo.
Un attimo prima è sotto overdose di laudano o strangolata da qualche barone, e un attimo dopo è truccata, pronta per un'ultima posa.
L'ultimo orgasmo che non ha mai avuto.
E sì, hanno sparato qualunque cosa.
La cosiddetta parte "rispettabile" della storia ha omesso questo aspetto, ma l'obiettivo no.



Pensate che il porno queer sia stato inventato nei locali notturni di Berlino negli anni '20? Ripensateci.
C'è un'altra foto: due uomini, non si baciano, non si tengono per mano, ma uno è in ginocchio e prega con gli occhi chiusi, come se fosse la preghiera della domenica.
Questo non è solo sesso. Questa è devozione.
Girato in segreto. Condiviso in silenzio.
Perché a quei tempi un pompino del genere poteva costarti dieci anni di prigione o dieci minuti con una corda intorno al collo.
Ma lo fecero comunque.
Rimasero fermi.
Lasciano che la lente li renda eterni.



Queste non erano solo foto. Erano confessioni.
Confessioni di fame, di solitudine, di uomini che non sapevano toccare, ma solo guardare.
Ogni stampa era intrisa di colpa e lussuria.
Ogni fotogramma diceva: Non dovrei, ma non riesco a fermarmi.
E ora tu, con le tue dita pulite e le tue schede in incognito, le guardi e senti qualcosa.
Vergogna?
Lussuria?
Questa è la magia, amico.
Quello è il fantasma nell'argento.
Questa non era arte.
Era una questione di sopravvivenza.
Era il porno prima della plastica. Prima dei filtri. Prima della falsità.
Era reale.
E continua a darti fastidio.




